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sezione "STORIA":

- marx, bakunin e la questione dell’autoritarismo di David Adam
giu 2013
- bakunin marx commento di v.bertello
giu 201
- commento a " l'esperienza dei comitati di fabbrica nella rivoluzione russa" di rod jones - v.bertello
ago 2012
- l'esperienza dei comitati di fabbrica nella rivoluzione russa - rod jones
apr 2012
- la sorgente ungherese - c.castoriadis
ago 1976
- determinismo e volontarismo
giu 2011
- la rivoluzione H + commenti
giu 2011
- la nascita dello stato di israele
feb 09

sezione "ATTUALITA'":

- imperialismo globale e grande crisi - castaldo - screpanti
ott 2013
- il processo eternit e nocività sul lavoro - v.bertello
feb 2012
- la crisi economica: realtà e finz... - p.mattick
giu 2011
- la rivoluzione H
giu 2011
- divisione del lavoro e socializzazione
- gen 2010
- immigrazione: la proletarizzazione impossibile
- giu 09
- gaza 2009
- feb 09
- note sul conflitto arabo-israeliano
- feb 09
- madi a biella
- gen 09
- arte e materialismo dialettico
- gen 09
- alla scuola diaz nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001 qualcuno ha pensato che tutto fosse permesso...
- nov 08
- disinformazione e ipocrisia
-l'Italia è una portaerei USA?
-operaismo e terzomondismo
-lottarmatismo e controcultura - set 07
-la questione dello stalinismo - nov 07

sezione TEORIA':

- LA LEGGE DEL VALORE COME IDEOLOGIA 3.0
valerio bertello ott 2011/giu 2016
- l'alienazione (5 capitoli)
valerio bertello nov 2015
- le forme di appropriazione 3.0
mag 2014
- le forme di appropriazione 2.0
feb 2014
- le forme di appropriazione 1.0
ott 2013
- l'alienazione 2.0
mar 2014
- replica di robert x ILC a "l'alienazione 2.0"
mag 2014
- problemi del materialismo storico
apr 2013 - versione 2.0
- trasgressione e moralità
sett 2012
- proletariato e divisione del lavoro
apr 2012
- partito e movimento.
proletariato e organizzazione

27 gen 2012 - versione 1.0
- la legge del valore come ideologia. valore e rapporto sociale
ott 2011
- il rapporto di produzione capitalistica
- ago 2011 - versione 2.0
- Commento a "Socialisme ou Barbarie" e .... di Jean Barrot
- ott 2010
- il conflitto sociale
- nov 09
- la nascita dell'egemonia americana
- nov 09
- capitale e forme sovrastrutturali
- ott 09
- la critica_criticante
- giu 09
- forze produttive e storia
- mar 09
- problemi del materialismo storico
- dic 08
- mondo antico e modernità
- apr 08
- tra utopia e guerra civile
una questione di metodo

- mar 08

storia e teoria
- lug 08 - versione 3.0
I parte
- la storia
1.operaismo e materialismo storico
2.proletariato e teoria
II parte
produzione e consumo
1.il consumo come condizione della produzione
2.il carattere unitario dei nuovi ceti
3.il nuovo proletariato
4.la contraddizione

- i limiti della teoria radicale
- giu 07 - versione 2.0
I. comontismo
II. lavorismo e quotidianismo
III. fenomenologia


- la questione dello sviluppo
- feb 07
1. debolezza del marxismo
2. natura del capitale
3. compiti storici del capitale
4. l'accumulazione
5. il dominio reale
6. divisione del lavoro
7. conclusione



storia



MARX, BAKUNIN E LA QUESTIONE DELL’AUTORITARISMO di David Adam

La critica di Bakunin alle propensioni “autoritarie” di Marx ha determinato la tendenza a lasciare in ombra la critica di Marx alle intenzioni “autoritarie” di Bakunin. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che le correnti principali dell’anarchismo e del marxismo sono state attratte da un mito – quello della statolatria “autoritaria” di Marx – condiviso da entrambe. Pertanto il conflitto nella Prima Internazionale è direttamente attribuito ad un disaccordo riguardo i principi antiautoritari e si afferma che l’ostilità di Marx nei confronti di Bakunin ha origine nella sua ripulsa di tali principi, nel suo avanguardismo, ecc. L’anarchismo, non senza ragione, si pone come l’alternativa “libertaria” all’ “autoritarismo” del marxismo ufficiale. Perciò nulla di più facile che considerare la celebre diatriba tra i due teorici pionieri di questi movimenti - Bakunin e Marx - come un conflitto tra libertà assoluta e autoritarismo. Questo saggio intende mettere in discussione tale narrazione.
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BAKUNIN E MARX
Commento di Valerio Bertello a:
MARX, BAKUNIN E LA QUESTIONE DELL’AUTORITARISMO di David Adam

La vicenda dello scontro titanico, che ebbe luogo nella Prima Internazionale tra Bakunin e Marx, ha molte valenze: personali, politiche e teoriche, tutte strettamente intrecciate, ma fu anzitutto una collisione fra due personalità. In un’epoca di grandi individualità, ancora possibili perché gli individui, in quanto brillavano ancora gli ultimi bagliori del mondo tradizionale, potevano ancora contare in misura preponderante nelle vicende storiche, entrambi si possono considerare come coloro che poterono radunare idealmente il proletariato dell’epoca attorno a sé e trascinarlo all’assalto dell’Olimpo della borghesia. Così resero breve, quasi inesistente il lasso di tempo fra il trionfo della borghesia sulla feudalità e la crisi che subito si manifestò già mentre si celebrava la vittoria, quando scoperse che tale vittoria doveva dividerla con una classe che fino a quel momento non aveva preso in considerazione come soggetto storico, il proletariato industriale. Anch’esso appena uscito dal mondo tradizionale era allora solo alla ricerca di trascinatori che gli mostrassero la via della emancipazione dai nuovi oppressori, migliori di quelli del passato ma altrettanto decisi a non rinunciare alla loro posizione di classe dominante appena conquistata.
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L'ESPERIENZA DEI COMITATI DI FABBRICA NELLA RIVOLUZIONE RUSSA di Rod Jones

INTRODUZIONE

Per l'operaio russo vivere significava semplicemente non morire. (1) Prima del febbraio 1917 gli operai russi dovevano sopportare nei posti di lavoro una disciplina militare, fatta di straordinari obbligatori, di un elevato tasso di mortalità negli "incidenti" sul lavoro, e di fame quando tornavano a casa. Nel 1905 avevano sfidato la monarchia zarista e creato in quella lotta qualcosa di interamente nuovo: il soviet (o consiglio). Dodici anni più tardi, dopo due anni di guerra e nel corso di una crescente ondata di scioperi, erano pronti a rovesciare lo zarismo. Nel compiere ciò crearono nuovamente le loro organizzazioni: i soviet e i comitati di fabbrica. Poiché distruggevano la vecchia società dovevano costruirne una nuova. Per gli operai questo significava cambiare le loro condizioni di vita, soprattutto riguardo il loro lavoro. Perché "non le macchine né le fabbriche costituiscono l'essenza del socialismo ma i rapporti fra gli esseri umani"... (2)
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COMMENTO A “L’ESPERIENZA DEI COMITATI DI FABBRICA NELLA RIVOLUZIONE RUSSA” di Rod Jones

IL PROLETARIATO E LA STORIA

Tratto caratterizzante il testo in oggetto è di presentarsi come una dichiarazione di sconfinata fiducia nella capacità del proletariato di produrre e darsi organizzazione e norme proprie. Intento assai apprezzabile ma che può essere realizzato solo sorvolando o sottovalutando alcuni problemi tuttora irrisolti. Tuttavia l’esistenza di tali facoltà nel proletariato viene dimostrata coerentemente sul piano storico, cioè come narrazione di fatti. Discorso questo che emerge in contrapposizione al discorso rivale, quello bolscevico, che afferma l’esatto opposto ponendo limiti stringenti alle capacità di azione storica autonoma del proletariato. Anche per questo discorso la sua erroneità viene dimostrata nei fatti, esponendo soprattutto la pratica dei bolscevichi, che teorizzano l’assenza della capacità di autorganizzazione del proletariato. Il risultato di tale confronto è la dimostrazione che proprio il tentativo di organizzare il proletariato dall’esterno e di fornirgli una coscienza ugualmente esteriore, è la causa che impedisce il sorgere nel proletariato stesso della sua organizzazione autonoma...
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LA SORGENTE UNGHERESE
di Cornelius Castoriadis

«Negli anni a venire tutte le questioni che contano si riassumeranno in questa: siete a favore o contro il programma degli operai ungheresi?»1. Devo scusarmi di citare me stesso. Ma, dopo vent'anni, mi mantengo a queste poche linee - e con più fermezza, più ostinazione, forse, dell'epoca in cui le scrivevo. E non è ciò che è trascorso - o piuttosto ciò che non è trascorso - nella «sfera delle idee» dopo di esse, non è il silenzio che circonda la Rivoluzione ungherese del 1956 praticamente in tutta la letteratura di «sinistra», della «nuova sinistra», e dell'«estrema sinistra» che potrà modificare il mio atteggiamento. In realtà, questo silenzio è l'indizio molto sinistro sia della qualità di questa letteratura sia delle motivazioni che stanno al fondo di coloro i quali si considerano «rivoluzionari».
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DETERMINISMO E VOLONTARISMO
di Valerio Bertello - giu 2011

L'articolo di Cornelius Castoriadis "La sorgente ungherese" (riportato in questo sito) non solo ci restituisce un teorico di grande valore ma riecheggia lo spirito di tutta un'epoca, quella delle lotte degli anni 70, già iniziata con il rapporto Kruscev e la fine dello stalinismo. Un'epoca che ebbe al suo centro la critica del leninismo e, in generale, del capitalismo burocratico nelle sue due forme, orientale e occidentale, di quello stesso sistema economico cioè che costituiva la base materiale di tale ideologia. Quella critica divenne la base teorica delle lotte degli anni 70 che rappresentarono allo stesso titolo sia un rinnovamento della teoria che una radicalizzazione dello scontro con il capitale, giunto al punto più alto nel Maggio francese. Nell'articolo sono delineati quelli che furono i tratti fondamentali di quella critica. Da una parte liquidazione della rivoluzione d'ottobre e delle sue propaggini in quanto mistificazione del comunismo; dall'altra rivalutazione e rivendicazione dello spontaneismo in forma adeguata all'azione storica del proletariato e delle masse in generale, in opposizione all'usurpazione di quello stesso ruolo operata dal partito leninista.
Queste due posizioni costituiscono ora due punti acquisiti dello sviluppo della teoria e non vi può essere in merito un ritorno al passato. Ma vi è dell'altro nell'articolo che costituisce un problema irrisolto...
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sulla rivoluzione H
di p.z. - giu 2011

il fallimento di ciò che veniva spacciato per comunismo e in realtà era dittatura non poteva che essere inevitabile. questo perché là dove non esiste libertà di pensiero è difficile si sviluppi alcunché. non solo, quei movimenti rivoluzionari tanto osteggiati in molti casi - non tutti lo ammetto - avrebbero potuto rappresentare gli indispensabili anticorpi al fallimento del comunismo stesso. il loro soffocamento invece è stata la vera causa del suo crollo. ne è conseguito un allineamento della storia a ciò che a quel punto, nel presente, era la realtà socio-politica più avanzata o, se vogliamo, la meno peggio. e, nonostante tutto, il capitalismo lo era ancora, almeno sotto alcuni aspetti. perché un cambiamento si imponga è infatti necessario che questo sia come minimo più avanzato di ciò che è preesistente. se questo non accade l'allineamento e il recupero sono inevitabili. ma è anche vero che un sistema totalmente nuovo non può imporsi in breve tempo e implica tutta una serie di esperienze e contraccolpi...
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COMMENTI “SULLA RIVOLUZIONE H”:

Valerio Bertello - giu 2011
Solo alcune osservazioni su alcuni punti del testo.
1° “Il fallimento di ciò che veniva spacciato per comunismo e in realtà era dittatura non poteva che essere inevitabile. Questo perché la dove non esiste libertà di pensiero è difficile che si sviluppi alcunché
Lo stesso si può dire per il capitalismo e per ogni società di classe, ma ciò non ha mai frenato lo sviluppo sociale ed economico, anzi lo ha sollecitato. In realtà è proprio il fatto che un dato sistema sociale ostacoli lo sviluppo economico ciò che determina la sua fine quanto modo di produzione obsoleto, evento che produce successivamente il superamento anche delle sue produzioni intellettuali.
2° “Il capitalismo era la realtà socio-politica più avanzata …all'epoca del socialismo reale il capitalismo non era considerato più avanzato del comunismo...

RE: paola zorzi - giu 2011
ho dato per scontato che ad un determinato pensiero che contraddistingue un'epoca sia sotteso un particolare quadro economico-sociale. questo però, anche per le contraddizioni che solleva, talvolta è già in grado di produrre una diversa percezione della realtà che apre a nuove prospettive e sensibilità...
leggi tutto /commenti/discorso > "sulla rivoluzione H ...e altre"


LA NASCITA DELLO STATO DI ISRAELE
di Valerio Bertello

Materiali per un inquadramento storico della questione palestinese: cronologia e notizie.

Non cercheremo il segreto dell'Ebreo nella sua religione, ma cercheremo il segreto della sua religione nella realtà dell'Ebreo.
Karl Marx, La Questione Ebraica
1. LA DIASPORA.

L'anno prossimo a Gerusalemme!
Formula tradizionale del rito pasquale ebraico.

Identità etnica e funzione economica
> La dispersione degli ebrei non risale alla caduta di Gerusalemme. E' accertato che già molto prima di tale evento più di tre quarti degli ebrei non vivevano più in Palestina. La grande maggioranza di essi era dedita al commercio. Infatti la stessa Palestina, per la sua posizione tra le valli del Nilo e dell'Eufrate, costituiva un ponte di transito per le merci, quindi fiorenti vi sono sempre stati i commerci. D'altra parte si trattava di una regione montagnosa che non bastava a nutrire la popolazione, costretta quindi ad emigrare. Ma nell'antichità non era agevole integrarsi in un paese straniero, se non come commerciante, artigiano o mercenario, ciò perché l'economia naturale è fondamentalmente agricola e autosufficiente, costituendo quindi una economia, e un sistema sociale, chiusi. Ma proprio perché non vi è incentivo allo scambio, solo i forestieri, non inseriti in essa, hanno questa necessità. Pertanto i commercianti sono stranieri. E' ciò che accade agli ebrei, come ai fenici e ai greci, che si spargono in tutto il mondo antico svolgendo una precisa funzione sociale, per cui nelle società precapitaliste l'identificazione di una classe con un popolo è lungi dall'essere eccezionale. Le minoranze etniche e religiose assolvono una funzione economica.
>>continua





no © 2007 Valerio Bertello - www.marxoltremarx.it