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gaza 2009

anche se potrà sembrare superfluo scrivere su quanto sta avvenendo nella striscia di gaza perché le notizie, attraverso i telegiornali, hanno ormai fatto il giro del mondo, alla luce di ciò che sta accadendo non è neppure possibile tacere.
in questo caso non è possibile mascherare la violenza spacciandola per arretratezza, conflitti tribali o cose del genere, così come è avvenuto in molti altri casi. quel che sta avvenendo accade infatti in un contesto che abbiamo sempre considerato appartenere al mondo moderno (occidentale o mediorientale che fosse). la popolazione palestinese era stimata da tutti come uno tra i paesi arabi più progressisti e israele la punta avanzate di sperimentazioni sociali d'avanguardia, per non parlare del patrimonio culturale di questi due popoli. in ambedue i casi l'idea che la popolazione possa trovarsi intrappolata in un contesto demenziale come quello attuale ci riporta ad analogie della peggior specie. non si tratta infatti solo del fallimento di trattative decennali, diventa anche la consapevolezza di vivere in un mondo che produce mostri dai quali chiunque un giorno potrebbe trovarsi nella condizione di non potersi difendere, dove né giornalisti, né soccorsi umanitari godono di immunità, dove sono trasgredite convenzioni internazionali.
nello specifico l'accesso ai territori in questi giorni è stato pressoché impossibile perfino alla croce rossa internazionale e agli aiuti umanitari, anche questi colpiti indiscriminatamente. al momento dell'aggressione ci siamo dovuti accontentare di comunicati ufficiali e informazioni parziali colmati solo della professionalità di giornalisti capaci di interpretarli adeguatamente.
quel che è certo è che ci troviamo di fronte alla decisione di portare avanti l'ennesimo conflitto e aggressione bellica di questi ultimi decenni in un clima in cui perfino gli organismi internazionali impegnati su di un piano diplomatico sono stati bypassati senza troppi complimenti in favore della guerra.
assistiamo così al precipitare di uno scontro, se non interpretato, manipolato indirettamente dalle frange più radicali delle due fazioni in lotta e che in questi anni hanno condizionato la società intera sia palestinese che israeliana anche politicamente.
in realtà quel che, da una certa prospettiva, può essere considerata come un'involuzione che ha sottratto potere ad una politica progressista e laica palestinese, è la conseguenza del persistere di problemi divenuti endemici. delle condizioni di vita in una zona (gaza) con una densità tra le più elevate al mondo, dal diffondesi di ideologie reazionarie sempre pronte a sfruttare ogni situazione critica, dall'intransigenza di israele da un lato che ha provocato (indirettamente e non) danni e morte e dagli attentati criminali indiscriminati che hanno colpito studenti e popolazione israeliana dall'altro e che non possono essere dimenticati.
un'involuzione conseguenza di un clima di provocazioni reciproche e risentimento che il presente non fa che alimentare ulteriormente. a tutto questo si aggiunge la tendenza a focalizzare e deviare sul conflitto israelo-palestinese qualsiasi problema. un atteggiamento riscontrabile sia all'esterno, cioè a livello di diplomazia internazionale (recentemente molto meno invadente), che all'interno delle due realtà in conflitto.

e mentre è molto probabile che il lancio ripetuto di razzi contro israele sia avvenuto all'insaputa della maggior parte della popolazione palestinese la reazione sproporzionata che ne è seguita si è abbattuta tutti.
forse andrebbe considerato che la concentrazione di popolazione nella striscia di gaza, la sua dipendenza alimentare ed economica, l'embargo in qualsiasi altro luogo avrebbero determinato una crescita del tasso di criminalità ... cosa per la quale nessuno ha mai scatenato una guerra.
quel che è certo è che non è possibile pensare che una popolazione possa assistere alla propria morte, al suo avvilimento, al suo spegnersi progressivo, alla sua dispersione senza mettere in conto una reazione e tra queste l'eventualità di reazioni dissennate. non è possibile pensare che le persone attendano al bordo di una strada la loro fine in silenzio per non disturbare, senza fare assolutamente nulla. a questo ci è sembrato sia stato costretto i popolo palestinese. sono ancora vive le immagini di arafath asserragliato nel suo quartier generale così come i molti tentativi costruttivi destinati al fallimento in favore di chi oggi lancia i razzi da un lato e le bombe dall'altro.

a queste reazioni si è risposto bombardando una popolazione che non ha rifugio, intrappolata senza scampo, colpendo scuole, organizzazioni votate alla diplomazia, ospizi per anziani, ospedali, moschee. si è intrappolata e colpita una popolazione da anni costretta ad estenuanti esami di democrazia formale in una situazione di indigenza e dipendenza cronica.

evidentemente il conflitto israelo- palestinese ha condizionato la politica, il tipo di pensiero, la mentalità e i comportamenti di troppe persone vissute e cresciute in quella zona senza conoscere altro che una guerra latente o in atto ...

alcuni giorni fa all'ultimo tg era possibile assistere ad un'intervista molto “istruttiva” che la dice lunga su quali siano le conseguenze indirette della guerra. un generale dell'esercito italiano, evidentemente contaminato dai fumi di guerra, ha denominato ripetutamente l'onu, in quanto organismo impegnato in soluzioni diplomatiche, “cellulite”. sapevo delle sacche di destra interne al corpo militare italiano, così come del loro risorgere dalle ceneri a seconda dei governi più o meno conservatori ma non immaginavo si potesse arrivare a tanto.
senza voler fare un elogio incondizionato all'onu, del resto accusato anche dalla sinistra per opposti motivi, di prestarsi ad esempio come facciata democratica per decisioni già preventivate, dovremmo invece tener conto dei limiti oggettivi che il sistema stesso in cui viviamo pone a queste organizzazioni.
peccato sia sfuggita la cellulite mentale del generale in causa, tra l'altro pagato dalle tasche dei contribuenti.
nel frattempo tra innumerevoli orrende trasgressioni alle norme e convenzioni internazionali la guerra, che già di per sé è una trasgressione alla civiltà, prosegue tra l'impotenza e lo sconcerto collettivo da un lato e il terrore e la violenza di chi ne è coinvolto.

paola zorzi - 10 gen 2009